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Il difficile accordo. La cooperazione europea per la ricerca e la tecnologia

01/06/1974

A cavallo fra il 1956 e il 1957, tre «saggi» pronosticarono che a meno di un grande sforzo nel settore dell'energia nucleare, l'Europa si sarebbe trovata in uno stato di grave dipendenza energetica dall'esterno, con l'aggravante della sorgente dominante (petrolio) e della provenienza politicamente aleatoria (Medio Oriente). Tale sforzo avrebbe dovuto consistere in un massiccio intervento pubblico di sviluppo e di promozione industriale capace di garantire una relativa autonomia energetica. La «buona volontà» non è mancata se si considera il fatto che l'Europa nel suo complesso spende per la ricerca «energetica» 1.800 milioni di dollari, cioè come gli Stati uniti, soltanto che invece di spenderli coerentemente e unitariamente, li ripartisce e parzialmente li disperde negli sforzi nazionali, indipendenti e scoordinati. Il risultato è che al termine del 1973 la prevista dipendenza energetica dell'Europa dall'esterno si è drammaticamente aggravata e se si guarda più attentamente si scopre che questa dipendenza non riguarda solo il settore energetico. Eppure non sono mancati in questi diciotto anni momenti di entusiasmo per la ricerca: ricordiamo tutti le discussioni, intorno al «Le défi americain» di Servain Schreiber, sulla dipendenza o meno dal capitale americano. Non è mancato nello stesso tempo un dibattito serrato sui rapporti fra scienza, sviluppo ed ecologia. In questo intervallo, che ha visto entusiasmo tecnologico e processo alla tecnologia, si è realizzata in diverse forme una cooperazione fra paesi europei relativamente vasta e importante, il cui bilancio è tuttavia disastroso. Illustrare quello che è successo e tentare di identificarne le cause è l'obiettivo dell'indagine promossa dall'lstituto affari internazionali, verificata «nel mezzo del cammin» in un convegno internazionale, e ora riassunta in questo volume.