Elezioni 2013. L'Italia in Europa, le scelte per contare
La campagna elettorale per il voto politico del 24 e 25 febbraio appare povera di Europa. Eppure, qualsiasi governo uscirà dalle urne dovrà dare all’Unione risposte precise e pronte sul rispetto degli impegni presi e sulle riforme da attuare. L’Istituto Affari Internazionali (IAI) e il Centro Studi sul Federalismo (CSF) hanno dunque chiesto a candidati premier e capi di coalizione di definire una loro “Agenda Europa” per l’Italia, rispondendo a un questionario su temi cruciali per il futuro del Paese e dell’Ue, la moneta e l’economia, il mercato e la difesa, gli sviluppi e la democratizzazione dell’integrazione.
L’agenda e il questionario sono stati discussi in un incontro l’11 febbraio a Roma, organizzato da IAI e CSF presso la sala multimediale della Banca Monte dei Paschi di Siena. Introdotto da Ettore Greco e Gianni Bonvicini, direttore e vice-presidente dell’Istituto, il dibattito ha visto interventi di Franco Frattini, deputato e presidente della Sioi (Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale), oltre che ex ministro degli esteri e commissario europeo, Lapo Pistelli, responsabile esteri del Pd, Oreste Rossi, eurodeputato ‘scettico’ nel gruppo Eld, e Adolfo Urso, deputato e presidente della fondazione Farefuturo.
Un dibattito sulle scelte italiane di politica internazionale, spiega Greco, è opportuno per lo spazio esiguo riservato alla politica estera nella campagna elettorale. Dove, per di più, prevalgono affermazioni retoriche o generiche, senza contare tutte quelle idee che Greco definisce “pazze”, come l’uscita dall’euro, la ristrutturazione del debito, la rinegoziazione del Fiscal Compact, tutte gettate lì senza un’analisi seria dei costi che comporterebbero.
Bonvicini ha constatato che l’Istituto non è stato “sommerso dalle risposte” al questionario distribuito e ha notato che, dalla lettura dei programmi dei diversi partiti, emerge un tratto comune: quasi sempre l’Europa sta nel preambolo, concentrata tutta in un unico paragrafo, ed è quasi completamente assente da quelli successivi. Anche la qualità dei temi lascia a desiderare: che si sia europeisti o euroscettici, la retorica la fa da padrona.
Dal dibattito, sono però venute risposte tutte positive, se pure articolate, alle domande poste da IAI e CSF: nessun dubbio, stando alle indicazioni del panel, che il futuro dell’Italia sia nell’Ue e nell’euro e che l’integrazione debba andare avanti e approfondirsi, sempre con attenzione agli interessi nazionali.
Secondo Urso, nei programmi elettorali manca una vera agenda europea perché, salvo eccezioni, i partiti e i loro rappresentanti non si candidano per governare, ma per acquisire voti, al fine di ottenerne posizioni di rendita o di interdizione in Parlamento. Questo discorso è valido -afferma il presidente di Farefuturo- soprattutto per le forze che fanno capo al Ppe.
Per Rossi, l’Europa così com’è non funziona e, se deve esserci, deve cambiare: parlando da euroscettico, più che da anti-Unione, il deputato ex leghista ha aggiunto che l’Unione è lontana dalla gente, è poco democratica e non costituisce una vera federazione. Inoltre, spreca: basti pensare a temi come la difesa, o le ambasciate, occasioni per risparmiare senza tagliare il bilancio. E ci vuole un mercato interno dell’energia.
Un po’ controcorrente, Pistelli, invece, ritiene che l’Europa non sia mai stata così presente come in questa campagna elettorale: il fatto è che le sue tematiche sono ridotte dai format mediatici. L’esponente del Pd sottolinea la necessità di un nuovo modello per la politica estera, l’energia e la difesa e prospetta uno scatto istituzionale per uscire dall’ “alternativa del diavolo”: se gli euroscettici strillano e gli euroentusiasti tacciono, l’avanzare dell’integrazione può avvenire solo in modo silenzioso, per ritocchi spesso non colti dall’opinione pubblica, mentre il suo retrocedere rischia di essere fragoroso, con la sconfitta in un referendum.
Anche secondo Frattini questa non è una campagna in cui manca l’Europa, per quanto venga vista solo come opportunità o come fonte di problemi. L’ex ministro ha poi ricordato che la non-Europa costerebbe troppo all’Italia: l’unica opzione possibile è, dunque, quella che prevede più Europa, specie in settori come mercato, difesa, istituzioni. Non è possibile, per Frattini, rinegoziare gli impegni presi: il Fiscal Compact andrebbe, ad esempio, integrato con crescita e sviluppo, più che rimesso in discussione.
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