How to make out of its neighbourhood an opportunity for the EU itself?
La lunga crisi dell'euro, la primavera araba e la rinnovata influenza della Russia sull'Europa dell'Est spingono l'Unione europea a ripensare le sue politiche di vicinato. L'obiettivo resta quello di rafforzare i rapporti politici, economici e culturali con i paesi che non sono membri dell'Unione per garantirne l'integrazione, ma i mutamenti che hanno sconvolto il sud e l'est dell'Europa impongono una revisione delle politiche lanciate nel 2003, in un contesto geopolitico, economico ed istituzionale completamente diverso da quello attuale.
All'Istituto Affari Internazionali (IAI), in collaborazione con Notre Europe, è stato organizzato un gruppo di lavoro per comprendere le opportunità che il vicinato offre all'Unione europea. L'incontro si inserisce nel progetto Think Global - Act European IV: Thinking Strategically about the EU's External Action, lanciato da Notre Europe nel 2007 e giunto alla quarta edizione. L'obiettivo è quello di confrontare i punti di vista e le raccomandazioni di 16 think tank su diversi aspetti delle politiche europee. "Vogliamo ottenere una riflessione a lungo termine che abbracci tutti i settori d'azione delle politiche europee", ha spiegato Elvire Fabry, ricercatrice di Notre Europe. E Gianni Bonvicini, vicepresidente vicario dello IAI, ha auspicato la buona riuscita dell'incontro "per offrire raccomandazioni utili all'Ue per le politiche di vicinato".
Il potenziale ed i limiti di tali politiche appaiono ancora più evidenti nel nuovo – e incerto – contesto politico-economico che circonda l'Europa. Per questo, secondo il Professore Christophe Hillion, ricercatore del Sieps di Stoccolma, "stabilire un'area di prosperità e sicurezza intorno all'Ue è fondamentale". Per raggiungere questo risultato, come osservato da Michele Comelli, responsabile di ricerca dello IAI, "è necessario raccordare le politiche europee verso la regione con quelle bilaterali degli Stati Membri": questi ultimi devono, cioè, mostrarsi interessati e invogliati ad utilizzare tutti gli strumenti e gli organi creati dal 2003 ad oggi. "Le politiche di vicinato", ha continuato Comelli, "erano inizialmente sbilanciate a favore dell'Europa orientale, ma da quando il sud ha iniziato il suo percorso verso la democrazia, si è assistito ad un ribilanciamento tra le due dimensioni della Politica europea di vicinato".
Tuttavia, i risultati di questo nuovo orientamento e le sue conseguenze non sono immediatamente visibili: "L'impatto sarà rilevabile solo a lungo termine", ha spiegato Emanuele Giaufret, responsabile del settore Medio Oriente e Nord Africa del Servizio europeo per l'azione esterna (EEAS). "Perciò esiste una mancata corrispondenza tra quello che l'Ue può offrire e le richieste che provengono da parte dei nuovi leader politici dei paesi della primavera araba".
I paesi toccati dalle rivolte disegnano un contesto di grande incertezza, in cui "è impossibile prevedere se altri Stati saranno influenzati alle ondate di cambiamento", come osservato da Haizam Amirah-Fernandez, ricercatore del Real Instituto Elcano di Madrid. "Sono mutamenti che spaventano l'Unione europea e per questo l'orientamento delle politiche di vicinato verso sud rappresenta un rischio per l'Ue", ha aggiunto Timo Behr, ricercatore di Notre Europe e Fiia. E, secondo Amirah-Fernandez, per arginare ogni pericolo "è essenziale instaurare canali di comunicazione con i nuovi gruppi e i movimenti sociali ed economici dei paesi a sud dell'Unione". Quanto all'est Europa, Olga Shumylo-Tapiola, ricercatrice del Carnegie Europe di Bruxelles, ha evidenziato la rilevanza dell'Unione doganale euroasiatica, un nuovo elemento con cui l'Ue deve confrontarsi nell'Europa dell'Est. Ma la sfida più dura per l'Unione è rappresentata dalla Turchia. "Ankara ha bisogno di assistenza per affrontare le spinose questioni del suo vicinato e la maggioranza della popolazione ritiene che l'ingresso nell'Unione europea potrebbe apportare notevoli benefici", ha spiegato Adam Balcer, ricercatore di DemosEuropa.