I nuovi orizzonti dell'Unione Europea
Il 22 gennaio 1963 rappresenta una data importante per la storia dell’Europa e di suoi cittadini. Charles de Gaulle, presidente della Repubblica francese, e Konrad Adenauer, cancelliere della Repubblica federale tedesca, siglarono il Trattato dell’Eliseo, che segnò il definitivo superamento dello storico conflitto tra le due nazioni e ne sancì la collaborazione in settori chiave come la sicurezza e lo sviluppo economico e culturale. L’accordo franco-tedesco costituì inoltre un passo fondamentale per il rafforzamento dell’ancora gracile Comunità europea e divenne un potente motore dell’integrazione europea.
Mezzo secolo dopo, mentre il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel celebravano a Berlino, davanti ai parlamenti tedesco e francese riuniti, il 50° anniversario del Trattato, le ambasciate in Italia di Germania e di Francia hanno organizzato, con l'Istituto Affari Internazionali, una conferenza dal titolo “I nuovi orizzonti dell’Unione Europea”. L’incontro si è svolto a Roma, a Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata francese.
La conferenza, presieduta da Stefano Silvestri, presidente dello IAI, è stata un’occasione, oltre che per ricordare il Trattato, per discutere delle prospettive future dell’Unione europea. Dopo un’introduzione di Alain Le Roy, ambasciatore francese in Italia, ci sono stati gli interventi di Jean-Louis Bianco, ex ministro, per molti anni segretario generale dell’Eliseo durante la presidenza Mitterrand, attualmente responsabile per gli affari europei del Partito socialista francese, di Emma Bonino, vicepresidente del Senato, e di Karl Lamers, responsabile per gli affari esteri della Cdu, già deputato e vicepresidente del Partito popolare europeo. L’incontro è stato poi chiuso da Reinhard Schäfers, ambasciatore tedesco in Italia.
Jean-Louis Bianco ha subito precisato che, al di là del binomio franco-tedesco, l’Unione europea va costruita con l’apporto di tutti i Paesi che ne fanno parte: il rischio, già concreto, è che l’Europa non venga percepita come un progetto entusiasmante, ma come un vincolo o un fastidio. È necessario quindi costruire un autentico senso di appartenenza: ma per fare questo -ha osservato Bianco- occorrono un vero programma di crescita, delle riforme strutturali e una governance economica democratica. Bisogna inoltre sforzarsi di comprendere le differenze culturali tra i vari paesi, senza sottovalutarle.
Anche Emma Bonino ha confermato la difficoltà dell’appassionarsi alla ‘materia europea’, attribuendone una parte della responsabilità alla classe dirigente. Ci sarebbe bisogno di una condivisione profonda ed estesa tra i Paesi e di andare oltre la moneta unica: purtroppo, alla costruzione dell’euro non è seguita, come si auspicava, un’azione politica decisa e congiunta. Forse -ha provocatoriamente aggiunto- i rapporti franco-tedeschi non sono proprio ‘brillanti’: l’assenza di una visione europea e di una gestione comune della crisi ne sono una prova. E ciò potrebbe accrescere l’influenza di alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia. Come terreno di sviluppo dell’integrazione, la Bonino ha molto insistito sul settore della difesa.
Viviamo in un’epoca in cui la concezione di Stato legata al principio territoriale è ormai anacronistica. È la considerazione da cui è partito Lamers, che ha ricordato come la globalizzazione abbia fatto saltare i confini tradizionali. L’Unione è stata, in questo senso, la risposta degli europei al fenomeno della globalizzazione: la Comunità del carbone e dell’acciaio, la Cee, il mercato interno e l’Unione monetaria sono da intendersi come le tappe di un processo europeo teso allo sviluppo transnazionale. Quello che ancora serve è un ulteriore rafforzamento delle istituzioni europee (tra cui il Parlamento) che consolidi la collaborazione tra gli Stati e garantisca un comune orientamento della politica economica dei vari paesi. La tappa finale sarà, sempre secondo Lamers, l’Unione politica. Staremo a vedere: l’appuntamento -come ha ottimisticamente detto l’ambasciatore Schäfers- è tra cinquant’anni.