Japan-Europe dialogue
Una Cina militarmente sempre più attiva per il controllo dei mari, un Giappone sempre più sulla difensiva, minacciato dalla determinazione del Dragone ad affermare la supremazia asiatica. E un uso sempre più sfrontato della propaganda anti-nipponica da parte della stampa cinese e nuovi problemi di approvvigionamento energetico da parte di Tokyo dopo il caos delle Primavere arabe.
Questi ed altri sono stati i temi al centro del dibattito “Asian security challenges and the Japan-Europ dialogue”, organizzato dallo IAI in collaborazione con il Reserch institute for peace and security di Tokyo. Ospiti nel dibattito: Satoru Mori, professore di politica globale all’Università di Hosei, Yasuhiro Matsuda, professore di studi asiatici e politica internazionale all’Università di Tokyo, e Koichiro Tanaka direttore amministrativo dello IEEJ e presidente del JIME, istituti di studi economici nel settore dell’energia. Il presidente dello IAI Ferdinando Nelli Feroci ha aperto i lavori.
I tre esperti hanno fatto un quadro della situazione asiatica, dal punto di vista nipponico, estremamente negativo: “Le incursioni della marina cinese nelle nostre acque territoriali – spiegano gli esperti – sono sempre più frequenti, il pericolo di incidenti è sempre più alto”. Timori che echeggiano nelle parole del premier giapponese Shinzo Abe che, a Davos, commentando gli attuali rapporti diplomatici tra i paesi del Pacifico, aveva dichiarato che Cina e Giappone sono in una “condizione simile” a quella in cui si trovavano Gran Bretagna e Germania prima del 1914.
“Fino al 2008, i rapporti diplomatici tra noi e la Cina - spiega Satoru Mori - si mantenevano su un livello di pacifico rispetto. Tutto è cominciato con le Olimpiadi di Pechino: la stampa del Pcc ha iniziato una forte campagna patriottica e anti-nipponica; e le spese militari di Pechino, già in aumento dal 1988, sono schizzate alle stelle senza una concreta motivazione. Nel 2012 alcune sedi di una catena di centri commerciali giapponesi in Cina vengono assalite e distrutte, nel 2013 sono state 75 le incursioni cinesi nei territori giapponesi, soprattutto nell’area delle Isole Senkaku”.
Un quadro sicuramente non positivo, che coinvolge non solo il Giappone, ma tutti quei paesi che si affacciano sul Mare Cinese, dalla Malesia, al Vietnam, passando per le Filippine e risalendo fino alle due Coree. “Un quadro diplomatico preoccupante - spiega Koichiro Tanaka - al quale si affianca una situazione non buona anche sul piano dell’approvvigionamento energetico post-tsunami: il Giappone sta rivedendo la sua politica sul nucleare, dopo i fatti di Fukushima: urge la ricerca di nuove fonti energetiche ‘sicure’, ma tutto è reso estremamente complicato dalla situazione caotica nella quel versa il Medioriente. Stiamo cercando nuovi partner, ma le attuali relazioni diplomatiche con i nostri vicini non ci aiutano”.