La crisi che non passa. Verso il Rapporto 2012 sull’economia globale e l’Italia
Lo IAI, insieme al Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi ed a UBI Banca, ha organizzato, l’8 maggio, presso la residenza di Ripetta, a Roma, un convegno di presentazione del 16° Rapporto sull’economia globale e l’Italia curato da Mario Deaglio e realizzato dal Centro Einaudi in partnership con UBI Banca.
Il rapporto, intitolato “La crisi che non passa”, ripercorre l’anno appena trascorso con l’obiettivo di individuare, nel susseguirsi degli eventi, le tendenze di fondo di una crisi che non si è ancora risolta e che, sotto alcuni punti di vista, sembra senza via d’uscita. Un esercizio che – sottolinea Deaglio – è risultato particolarmente difficile in quanto il 2011 è stato un anno pieno di imprevisti e colpi di scena, dalla Primavera araba, che ha rimesso in discussione gli equilibri mediorientali e globali, all’indebolimento delle istituzioni internazionali, che si sono dimostrate sempre meno adeguate a gestire gli avvenimenti in corso.
Dopo aver descritto, attraverso l’analisi di quattro dimensioni fondamentali (fenomeni finanziari, reali, politico-sociali ed effetti esterni), le principali tappe della recessione in cui l’Occidente ha cominciato a scivolare durante l’estate del 2007, Deaglio ha concluso il suo intervento con l’illustrazione di alcune “ricette” per uscire dalla trappola della “non crescita”, illustrate dettagliatamente nel volume. Il vero male italiano, secondo l’economista, sta nel fatto che, negli ultimi 10 anni, una crescita esponenziale dei costi di produzione ha superato la crescita dei prezzi al consumo mentre, contemporaneamente, si è determinata una contrazione dei profitti lordi e di conseguenza si sono ridotti gli investimenti netti.
Il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni ha evidenziato che il titolo del rapporto è forse troppo negativo, probabilmente influenzato dal clima che si respirava l’autunno scorso, quando si stava attraversando un “temporale molto, molto serio”. Ma per Saccomanni la storia economica insegna “che tutte le crisi passano prima o poi. Le crisi finanziarie - ha detto - ci mettono tempo; eravamo abituati a crisi cicliche da cui si usciva più rapidamente”. Secondo il direttore generale, per farlo, questa volta, occorre, innanzitutto, ridurre il debito pubblico e privato, e questo, per definizione, richiede tempo e può avvenire solo in maniera graduale, se si vuole evitare una recessione. Ma prima ancora, ha concluso Saccomanni, è necessario un ampio e condiviso consenso politico e sociale sulle strategie e sulle misure da attuare.