The paradox of American primacy: explaining foreign policy failures since the end of the Cold War
Inaugurando la conferenza con il sardonico commento, “Gli Americani sono quello che sono ma sono gli unici che abbiamo”, l’ambasciatore Guido Lenzi ha annunciato al pubblico Stephen Walt, il relatore ospite al Centro Studi Americani il 12 giugno, 2014. Il professore di Harvard ha fornito un resoconto, dritto al punto e pungente, della politica estera americana, segnalando il contrasto estremo fra i successi che hanno preceduto la fine della guerra fredda e i fallimenti a seguito del 1992. Tra i vari insuccessi evidenziati da Walt, particolare attenzione è stata rivolta agli interventi degli Stati Uniti in Somalia, Afghanistan ed Iraq.
Walt afferma che le scelte portate avanti dall’America a partire dal crollo della Unione Sovietica non sono state adeguatamente ponderate e, di conseguenza, hanno propeso a ritorcersi contro l’America ed il mondo con effetti disastrosi. “L’America non è stata capace di mantenere la pace nel Medio Oriente,” ha riconosciuto Walt. Inoltre, dopo la fine della relazione Somala con i Sovietici, le successive missioni supportate dalle forze americane in Somalia hanno solo peggiorato la situazione, “ogni volta.” Successivamente “Al Qaeda ha attaccato la nazione Americana”, continua Walt, “quindi noi abbiamo risposto con l’invasione dell’ Afghanistan e dell’ Iraq, anche se l’Iraq non aveva nulla a che fare con l’undici settembre.”
A parer di Walt, gli Stati Uniti sembrano incapaci di stabilire le proprie priorità e sviluppare delle strategie in maniera ragionevole ed assennata, e ciò ha causato serie difficoltà e carenze nel campo della politica estera. Una delle maggiori problematiche riguardanti il comportamento dell’America negli affari internazionali è la sua hubris – un inopportuno eccesso di spavalderia che porta i politici Americani a sostenere la faziosa idea che vede l’America come una forza positiva per il mondo, disposta a prendersi il diritto e la responsabilità di avere sempre voce in capitolo quando si tratta di politica globale “per il bene comune dell’umanità.” Questo punto di vista, però, è solo condiviso dall’elite politica e le radici del “paradosso delle priorità Americane” hanno origine proprio da questo settore. Walt sostiene che la gran maggioranza di cittadini statunitensi siano dell’opinione che “l’America dovrebbe pensare meno in termini internazionali e concentrarsi maggiormente sui propri problemi domestici.” Da quest’ultima asserzione, è chiaro che l’agenda dei politici americani non rispecchi i bisogni e gli interessi delle persone che essi rappresentano.
In più, anche i paesi stranieri reputano che l’eccentrica politica intervenzionista dell’America sia inutile e contro produttiva. Gli Stati Uniti hanno perso molta della loro credibilità a livello globale e, come Walt precisa, “gli stati si procurano armi di distruzione di massa e formano coalizioni per il solo sospetto che l’America determinerà l’esito lì.”
Walt ha concluso il suo discorso citando Otto von Bismark: “Dio ha una provvidenza speciale per gli idioti, gli ubriaconi, e gli Stati Uniti d’America.” Nonostante il suo brillante sarcasmo, il professore insinua che ci sono seri problemi riguardo la reputazione degli Stati Uniti nella politica mondiale e che oramai la “provvidenza speciale” professata da Bismarck non è più sufficiente. Puntando alle ragioni di ciò, il professore Walt sostiene che ad averne la colpa sia lo schema della politica domestica degli Stati Uniti, dominata da una forte elite che promuove un processo decisionale riguardo la politica estera che è sempre più distaccata dalla opinione pubblica.
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Stephen Walt - The Paradox of American Primacy
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