What Models for European Energy Governance?
Se il problema della governance europea è una cacofonia di cui si avverte l'eco in tutti i palazzi delle istituzioni dell’Unione, il settore dell'energia non fa eccezione. Il viceministro dello Sviluppo economico Claudio De Vincenti ricorda che, più che mai oggi, durante il semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dell'Ue, "c'è la consapevolezza che bisogna rendere coerenti in generale le politiche europee e focalizzarsi, in particolare, sui fronti energetico e ambientale, sugli strumenti che possano rendere competitive e green le nostre industrie nazionali all'interno del mercato comune".
Il viceministro De Vincenti ha aperto la tavola rotonda "Quali modelli per la governance europea dell’energia?", preceduto dai saluti di Marco Margheri, vicepresidente Edison. L'incontro è stato organizzato a Roma il 3 ottobre 2014 dallo IAI in collaborazione con Edison nell'ambito del progetto IAI-Edison "The Future of the European Energy Policy: The Italian Contribution". Dopo il discorso di De Vincenti, l'analista IAI Nicolò Sartori ha illustrato i risultati di uno studio effettuato dall'Istituto. Hanno poi parlato Mario Benotti, consigliere del Dipartimento per gli Affari europei della Presidenza del Consiglio; l'ingegnere Roberto Potì, presidente del Comitato Europa di AssoElettrica; Sebastiano Serra, del Ministero dell'Ambiente; Leonardo Zannier, della DG Energia della Commissione europea; e, infine, Jean-Arnold Vinois, ex direttore generale della stessa DG. Le conclusioni sono state tratte dalla prof. Valeria Termini, vicepresidente del Consiglio europeo dei regolatori dell'energia.
Le priorità della presidenza italiana durante il suo semestre sono la sicurezza energetica con il completamento del mercato interno e l'analisi della governance e dei suoi meccanismi. De Vincenti e Benotti hanno rilevato che le politiche dell'Unione, specie in materia di ambiente, si limitano finora a cercare un equilibrio tra le politiche nazionali, senza apportare alcun valore aggiunto: ne deriva la necessità di creare "un mercato regolamentato unico dell'energia", che va ripensato "anche in termini di infrastrutture e non solo di quote".
"Importanti cambiamenti nei meccanismi di governance dell'energia" vengono rilevati da Margheri, Sartori e Zannier: infatti, la Commissione Juncker avrà, oltre che un commissario per energia e clima, un vicepresidente con l'obiettivo di creare una "Unione dell'energia". Tuttavia, "mancano ancora strumenti nazionali adatti all'attuazione delle direttive comunitarie in materia ambientale". Serra osserva che, finché non si coinvolgeranno e responsabilizzeranno i dieci paesi che producono l'80% delle emissioni globali, fra cui la Cina e l'India, gli obiettivi comunitari di riduzione statale delle emissioni "saranno privi di efficacia sostanziale". "Un'unica politica anti emissioni, che tenga conto delle esigenze e debolezze infrastrutturali di ciascuno stato membro, risolverebbe il dilemma della governance".
Critico Vinois, che afferma che "sul piano internazionale la politica ambientale comunitaria resta timida". "Prima ancora di discutere di governance", è urgente "recuperare lo spirito di solidarietà tra gli stati membri per un'efficiente cooperazione in materia energetica".
Le conclusioni della prof. Termini mettono in luce contraddizioni intrinseche alla governance: sono le due facce della stessa medaglia poiché da un lato un controllo centralizzato della Commissione sui piani nazionali comporterebbe il rischio di una burocratizzazione, facendo perdere di vista la razionalità delle politiche industriali nazionali; e dall'altro le procedure di attuazione delle direttive europee affidano l'ultimo passaggio, l'enforcement, agli stati membri.
La soluzione proposta è un approccio più flessibile da parte della Commissione, che tenga conto anche di specificità industriali e regionali. E per una strategia a lungo termine, aggiunge Termini, bisogna "concepire l'energia come un settore strategico industriale per il futuro dei singoli paesi e dell'Unione tutta".
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