The Future of Egyptian-American Relations: Lessons from the Past
In seguito alla visita del Segretario di Stato statunitense John Kerry in Egitto, la prima dopo l’estromissione di Mohamed Morsi dal governo, l’Istituto Affari Internazionali ha ospitato un incontro per discutere della posizione degli Stati Uniti nei confronti di uno dei Paesi chiave della loro politica in Medio Oriente.
A tenere la conferenza è stato il professor Robert Springborg, docente emerito presso il Dipartimento per gli Affari di Sicurezza Nazionale della Naval Postgraduate School di Monterey e esperto di studi mediorientali. Gabriele Tonne, direttrice della rivista di politica estera dello IAI The International Spectator, ha introdotto l’ospite e moderato il dibattito.
Il professor Springborg ha aperto la discussione illustrando il parallelismo esistente fra due momenti storici nelle relazioni fra Stati Uniti ed Egitto: l’Egitto di oggi e l’Egitto in cui il generale Abdel Gamal Nasser prese il potere tra la fine deli anni ’40 e i primi anni ’50. Per il professore gli Stati Uniti hanno trovato nel generale Abdel Fattah al-Sisi un uomo su cui poter scommettere, così come lo trovarono in Nasser quando egli iniziò a dirigere il Paese.
Il professore ha poi indicato i quattro possibili scenari per l’Egitto “post Morsi”; i primi due andrebbero considerati come situazioni estreme, mentre gli altri due come scenari di transizione:
1) il consolidamento del regime militare, nel caso in cui l'esercito si dimostri in grado di guidare il Paese (soprattutto nel difficile compito della ricostruzione economica);
2) il degenerare della situazione nel caos qualora l’esercito non si riveli abbastanza forte da dirigere la situazione;
3) la possibilità che venga attuata una negoziazione fra le forze islamiste e i militari, tale da condurre a una situazione di compromesso e quindi ad una sorta di democrazia (eventualità che Springborg ha definito “scenario turco”);
4) il verificarsi del “Modello Brasiliano”, secondo il quale l’Egitto potrebbe essere in grado di passare da un regime militare a una transizione democratica.
Secondo il professor Springborg, il “modello turco” è quello che appare come lo scenario più improbabile, dato che i Fratelli Musulmani saranno quasi certamente estromessi per un po’ di tempo dall’arena politica. Continuando con il parallelismo con l’Egitto di Nasser, il professore ha infatti sottolineato come all’epoca, una volta giunti al vertice dello Stato, i militari abbiano violentemente proceduto alla repressione del movimento islamista.
Springborg ha affermato che “Oggi come ieri, i principali elementi che regolano i rapporti fra Egitto e Stati Uniti sono il denaro, le armi e il supporto diplomatico”. Questi sono i benefici che gli Stati Uniti garantiscono all’Egitto per fare in modo che il Paese resti all’interno della loro sfera di influenza: da un lato per l’America è più conveniente provvedere a questi beni piuttosto che rischiare l’instabilità di un alleato così importante, mentre dall’altro l’Egitto può usufruire di supporto di vitale importanza in settori chiave legati alla sua sicurezza nazionale.
Successivamente, la conferenza si è incentrata sulla figura del generale Sisi, e su quale potrebbe essere il suo ruolo nella nuova configurazione politica del Paese. Springborg si è dimostrato scettico riguardo alle capacità del generale di proporsi come il nuovo Nasser; crede tuttavia che egli abbia buone possibilità di guidare una riconfigurazione dell’Egitto.
Come il suo illustre predecessore, il generale Sisi rispecchia la società egiziana e gode adesso dell’appoggio di gran parte dell’esercito. Inoltre, con il supporto degli Stati Uniti, potrebbe aspirare ad una posizione definita dal professore di “kingly general”, ossia “generale regale”.
Il professor Springborg ritiene infatti che al-Sisi non abbia intenzione di dirigere la trasformazione dell’Egitto da solo in qualità di presidente, ma che molto probabilmente cercherà di ottenere pieni poteri sulle materie relative alla sicurezza nazionale, lasciando altre questioni (come il difficile compito della ricostruzione economica in un Paese messo ormai a dura prova dopo anni di turbolenze) in mano ad altri organi.
E’ difficile dire chi assumerà questo incarico e, a parere di Springborg, non c’è modo di prevedere il futuro istituzionale egiziano. Il professore ritiene inverosimile la possibilità che l’economia egiziana possa essere radicalmente trasformata dai leader dell’esercito, dato che le condizioni economiche del Paese sono significativamente peggiorate durante i mesi passati, e che l'attuale sistema economico è prevalentemente orientato verso risorse di tipo "rent seeking".
Assisteremo probabilmente all’emergere di nuove forze, sia economiche sia politiche, ma per la completa ristrutturazione del panorama politico sarà necessario aspettare per un cambio generazionale (come è successo in Turchia). Incisive sono state le parole del Professore al termine della conferenza; in risposta alla domanda su dove fossero finiti i manifestanti che hanno preso parte alle proteste durante la Primavera Araba ha risposto: “Sono dovuti tornare alla realtà e dunque al regime militare”.
Springborg è infatti convinto che i militari non abbiano mai realmente sostenuto la Fratellanza Musulmana e il governo di Morsi; il loro assenso sarebbe stato solo un espediente, abilmente sfruttato per approfittare della situazione presente. Secondo il professore era solo questione di tempo prima che l’esercito tornasse a rivendicare il proprio ruolo all’interno del Paese.