The Uncertain Legacy of Crisis
“L’Unione europea è coinvolta nella peggiore crisi degli ultimi decenni, una crisi interna che rischia di bloccare anche lo sviluppo di una politica estera coerente e attiva e che costringe gli Stati europei a rivalutare il loro approccio geostrategico. Eppure, non tutto il male viene per nuocere: bisogna tenere a mente che l’Europa è sempre progredita proprio in tempi di crisi”.
Lo dice Richard Youngs, professore di relazioni internazionali all'Università di Warwick e senior associate presso il Carnegie Europe Center. Youngs era il protagonista del convegno organizzato dallo IAI a Roma, in occasione della presentazione del suo libro “The uncertain legacy of crisis – European foreign policy faces the future”, che esamina il lascito della crisi nei paesi dell’ue e le ricadute che tutto questo avrà sul ruolo e sul peso internazionale dell'Unione.
“Questa crisi mina la capacità della politica estera europea e ne appanna l’autorevolezza. Gli stati si chiudono a riccio concentrandosi sulla soluzione di questioni di politica nazionale. Ma ci sono anche segnali positivi: una maggiore cooperazione europea, maggiore ambizione internazionale e un impegno rivolto alla promozione dei valori di un ordine mondiale liberale”.
Ma, ottimismo a parte, è innegabile che la crisi ha avuto i suoi effetti nefasti: “Il valore dell’export europeo, tra prima e dopo la crisi, è sceso del 30%. L’Ue è ancora il maggiore esportatore del mondo, ma il calo è stato pesante, e le prospettive non sono rosee. Nel 2010 – prosegue Youngs – la spesa europea per la difesa è stata la più bassa tra le grandi potenze globali. E questo, di riflesso, ha enormemente diminuito il “soft power” dell’Unione, in uno scenario internazionale che è completamente diverso da quello di 10 anni fa, con nuovi attori principali che impongono nuove strategie. L’Europa deve capirlo”.
Nel suo libro, Richard Youngs propone nuove strategie diplomatiche, politiche ed economiche che l’Ue dovrebbe attuare per uscire dallo stallo in cui si trova: il tutto incentrato sul concetto di “multi-polar liberalism”, cioè “mantenere fede all’impegno di un approccio multilaterale e liberale alla sicurezza e alla politica globale, ma facendolo in modo più razionale, selettivo e strumentale, cercando di aggiornarsi nei confronti di un panorama mondiale completamente mutato”. Questa strategia proposta da Youngs punta a reimpostare l’identità dell’UE quale attore internazionale attraverso quattro interventi fondamentali:
1) una riappropriazione del ruolo dell’Ue come potenza in grado di imporre standard e norme;
2) il superamento della logica di europeizzazione intesa come sinonimo di liberalismo;
3) un aumento della cooperazione con le democrazie emergenti attorno a problematiche di stampo globale;
4) una nuova relazione transatlantica.