Che fare in Libia? L'Occidente fra intervento e mediazione
In Libia, la mediazione delle Nazioni Unite fra le parti in conflitto ha aperto qualche opportunità ma continua ad essere ostacolata da tre fattori principali: la frammentazione delle forze libiche; il ruolo dei paesi vicini e delle potenze regionali; l’evoluzione del rapporto tra civili e militari in seno alle due principali parti in conflitto. Il documento li esamina in dettaglio giungendo alla conclusione che la mediazione è debole perché non è sufficientemente appoggiata dai paesi occidentali, sebbene siano questi stessi a sostenere la necessità di una soluzione politica al conflitto. Per un appoggio più efficace il documento raccomanda: (a) una più stretta applicazione delle sanzioni e degli altri strumenti che la Risoluzione 2174 del Consiglio di Sicurezza mette a disposizione; (b) un’adeguata pressione sulle potenze regionali, in particolare l’Egitto e la Turchia, che sostengono le due fazioni in lotta e fanno loro sperare nella vittoria; (c) una riconsiderazione del ruolo del generale Hafter e il suo inquadramento in una credibile riforma del settore della sicurezza nazionale; (d) una valorizzazione degli attori della società civile che attualmente si mostrano quelli più interessati ad una pacificazione. Il documento considera infine le possibili alternative d’intervento esterno nel conflitto concludendo, tuttavia, che nessuna di esse può realmente funzionare se non poggia su una qualche intesa politica fra le parti.
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Dati bibliografici
Roma, Istituto affari internazionali, marzo 2015, 14 p. -
In:
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Numero
15|03
1. Un conflitto fra forze frammentate
2. Dinamiche e influenze regionali
3. Il rapporto civili-militari nella coalizione di Tobruk …
4. … e nella coalizione di "Alba della Libia"
5. La terza fase nella crisi: Isis ed Egitto sulla scena
6. Quale risposta da parte dell’Occidente?